lunedì 20 giugno 2005

Se il peer-to-peer lo fa la Microsoft è legale !

Avalanche: P2P da Microsoft

I ricercatori del “computer science lab” di Microsoft hanno sviluppato un sistema di filesharing peer-to-peer

I ricercatori del “computer science lab” di Microsoft hanno sviluppato un sistema di filesharing peer-to-peer presentato come innovativo e avanzato protocollo rispetto a quelli attuali come BitTorrent. I ricercatori affermano di aver ricreato, usando il nuovo codice di networking, tempi di download 20-30 percento più veloci rispetto a quelli degli applicativi che si basano sul codice lato server, e 200-300 percento più veloci dei sistemi di distribuzione privi di codifica.

Microsoft ovviamente evidenzia come la nuova tecnologia sarà sfruttata per condividere contenuti legittimi.

Il principio base del sistema, denominato "Avalanche", è simile a quello del famoso protocollo BitTorrent e si focalizza sul problema della distribuzione di files di grandi dimensioni su larga scala. Se i files in questione vengono suddivisi in parti più piccole è possibile distribuire queste parti ad un numero limitato di peers da cui poi partirà il processo di distribuzione successivo.

Il problema di questo tipo di approccio è che al crescere del numero dei client "riceventi" il traffico di coda diventa più complesso e l'intero processo si rallenta. Microsoft Research ha risolto questo inconveniente eseguendo un re-encoding di tutte le parti del file condiviso, così che ognuna di queste risulti una "combinazione lineare" di tutte le altre. I vari blocchi vengono poi distribuiti con un tag che descrive i parametri contenuti. Una volta che si è scaricato un certo numero di blocchi è possibile generare nuove combinazioni a partire da quelle disponibili e distribuirle ai propri peers. Un numero sufficiente di blocchi consente di poter ricostruire l'intero file originale pur non disponendo di tutti i blocchi distribuiti dalla persona che lo condivideva in origine.

I peers possono fare uso dei nuovi blocchi di condivisione, invece di attendere il download di particolari "chunks" mancanti. Questo si traduce nell'assenza di colli di bottiglia, dato che nessun blocco di sharing è più importante di un altro e in minore traffico di rete generale, dato che le stesse informazioni non devono viaggiare più volte avanti e indietro nella rete.

Microsoft ha reso disponibile un paper tecnico (PDF) in cui descrive la tecnologia.

E' un pò la stessa sorte che ha subito linux : i software gratuiti non fanno "mangiare" nessuno , ergo sono illegittimi o poco efficienti!!

Addio alla carta fotografica in bianco e nero

Molto presto il mondo sarà solo a colori. La Kodak dice addio alla carta per stampare in bianco e nero. E così, dopo il fallimento della britannica "Ilford Imaging" e della tedesca "Agfa", gli altri due colossi del settore, si chiude un'epoca. E anche un modo di fare fotografia. Le ragioni della drastica decisione sono tecnologiche ed economiche. Troppo forte, infatti, la concorrenza e la diffusione delle nuove macchine digitali. Ma è soprattutto l'esigenza di far quadrare i conti a spingere la società di Rochester (New York) a terminare, dopo oltre un secolo, la produzione della carta per la stampa del bianco e nero. Nel primo trimestre 2005, Kodak ha perso 142 milioni di dollari, a causa di una robusta flessione nelle vendite di film e negli altri business chimici. Meglio allora tagliare settori ritenuti ormai obsoleti: sono stati chiusi gli stabilimenti brasiliani, annunciati tagli all'occupazione (15mila dipendenti in meno entro il 2007). Secondo la multinazionale americana, la domanda di fotografie in bianco e nero, sulla base dei dati a disposizione, segna attualmente una contrazione annua del 25%. Kodak ha finora puntato su film e pellicole tradizionali. Prodotti che ne hanno fatto la fortuna e che le hanno permesso di diventare la prima multinazionale nel mondo della fotografia. Prodotti che ora, però, rappresentano un limite alla sua espansione. Puntare sul digitale, quindi, è l'unico modo per poter rilanciare l'attività. Una decisione economicamente ineccepibile, ma la reazione degli appassionati del bianco e nero non sarà certo entusiasta.

giovedì 16 giugno 2005

Il cellulare in tasca mette a richio i genitali!?

Viene dall'Inghilterra l'ennesimo allarme salute contro il telefonino. Portare il cellulare in tasca per gli uomini potrebbe rappresentare un pericolo e esporre le persone di sesso maschile al pericolo della sterilità. Tenere il cellulare vicino agli organi genitali, ridurrebbe del 15% il numero degli spermatozoi, compromettendo le capacità riproduttive. È il risultato di uno studio australiano pubblicato su Biology Letters, giornale della nota accademia scientifica britannica Royal Society. La ricerca è stata effettuata su un campione di 52 uomini tra i 18 e i 35 anni: in coloro che abitualmente mettono il cellulare in tasca, il numero degli spermatozoi per millilitro di seme si è ridotto di 10 milioni.
La notizia ha fatto il giro del mondo e racconta dell'ennesima ricerca sui presunti danni da elettromagnetismo sull'uomo. Lo scorso anno un'indagine simile condotta in Gran Bretagna aveva rilevato che il numero dei gameti maschili era calato del 29% negli ultimi dieci anni. Siamo ancora lontani dalla soglia critica della sterilità, ma se la tendenza rimanesse inalterata, i maschi che nasceranno a metà del prossimo secolo rischierebbero di essere classificati come sterili.

Io non esisto ! .azz... questa intelligenza artificiale

Questa è la storia accaduta a Cecco A. il 10/6/2005 :

A metà di una promettente mattinata di un Venerdì 10 Giugno 2005 qualunque, la connessione internet si è improvvisamente interrotta, e non ha più voluto saperne di riattivarsi, lasciandomi quindi in balia della terribile "real life" e privandomi di tutte quelle risorse di cui io e soprattutto il mio lavoro non può più fare a meno.
Paralizzato quindi nel lavoro, e trovandomi come un pesce fuor d'acqua, con molta rassegnazione e pazienza mi accingo a chiamare l'assistenza di wind - infostrada, il mio provider, già sapendo, avendolo precedentemente e dolorosamente sperimentato sulla mia pelle, che l'operazione non sarebbe stata nè rapida nè semplice.
La prima strana difficoltà - inattesa e inascoltata premonizione del dramma che mi accingevo a vivere - è stato il fatto che per ben quattro - cinque volte ho telefonato all'assistenza tecnica di infostrada, ma invece che il servizio assistenza, mi rispondeva il servizio commerciale, che mi invitava a mettermi in contatto con l'assistenza. Del tutto inutilmente cercavo di spiegare che il numero che mi avevano invitato a comporre era appunto quello che avevo appena composto. Non mi credevano, non mi hanno mai creduto quei quattro cinque operatori che imperterriti mi dettavano lo stesso medesimo numero che con crescente ansia e angoscia digitavo. Uno di questi giungeva a chiedermi se la mia linea telefonica funzionava correttamente: gli rispondevo che, in effetti la linea non funzionava molto bene, e mentre parlavo con lui mi aiutavo con un po' di telepatia: l'ironia però non veniva apprezzata.Il quarto e il quinto operatore, poi, mi dicevano che il mio contratto era stato annullato, in un imprecisato tempo e per ancor meno imprecisato motivo.
E sino qui, una normalissima cronaca di quei quotidiane frustrazioni che sono tanto ingiuste e avvilenti quanto – ahimè – inevitabili e quotidiane, che di per sè non è certo degna nè di essere ricordata e tantomeno raccontata. Alla sesta telefonata, però succedeva qualcosa che nella mia pur banale vita, difficilmente dimenticherò: alla sesta telefonata – dicevo – e dopo circa tre ore di inutile girovagare tra un operatore e l'altro, mi sembra finalmente trovato l'interlocutrice giusta, che, pur non essendo dell'ufficio tecnico, finalmente ascolta il mio problema, forse mossa da compassione sentendo la mia voce incrinata ormai da una disperazione giusto a metà strada tra l'angoscia e il delirio. Dopo aver ascoltato la mia penosa storia, mi chiede di attendere in linea, cosa che faccio con molto rassegnata volenterosità, anche perchè non avevo fatto null'altro nelle precedenti tre ore. Dopo circa un quarto d'ora di estenuante musichetta, l'operatrice finalmente ritorna e dopo essersi scusata di avermi fatto attendere (facendomi così ulteriormente attendere) mi comunica con la più serafica serenità che io, almeno come utente internet di wind-infostrada, non esisto. Lì per lì, meravigliato ma nulla di più, faccio presente alla gentilissima signorina che io per anni, almeno cinque o sei, ho sempre navigato con loro, che ogni mese pagavo 69 e rotti euro per la connessione, che sino alle 10 di quella maledetta mattina ero lì a consultare la mia casella di posta che, ero sicurissimo, finiva con @libero.it.
La signorina, glaciale, mi ribadisce che, contrariamente alla mia fallace deduzione, io non sono un loro utente e che per navigare su internet avrò usato qualche altro provider, magari "alice" o "Telecom" (sic) invitandomi a rivolgermi a loro. Quello che mi sconvolge è che dalle espressioni usate, dai toni e dai modi, si percepisce benissimo che la interlocutrice non solo è convinta che io non sia utente infostrada, ma esclude in modo categorico e assoluto - senza che io riesca a capirne il motivo – che possa esserci un equivoco, un dato errato - che so – un guasto del sistema e non vuole più ascoltarmi, dicendo che era inutile che insista nel negare un dato incontrovertibile: io, semplicemente, non esistevo. L'angoscia incomincia a diventare sgomento e la perentorietà con cui l'operatrice mi parla, apre delle pericolosissime crepe nella mia coscienza ed autopercezione: con rabbia e disperazione ribadisco - arrivando questa volta a giurare sulla testa di mio figlio, - che sono un loro utente, da anni pago puntualmente le loro fatture e che già altre volte avevo telefonato al loro servizi e nessuno mi aveva mai contestato la mia mancata esistenza. Poi - mi sembra di aver trovato l'argomentazione decisiva - le dico che evidentemente il loro sistema non funzionava molto bene, tanto è vero che per cinque, sei volte avevo telefonato all'assistenza e mi aveva invece risposto il settore commerciale. La risposta è stata tanto sicura e perentoria quanto per me agghiacciante e mi ha frantumato il cuore: "il sistema la dirotta sul commerciale, proprio perchè si accorge (azz... questa intelligenza artificiale...) che lei non è un nostro utente e quindi non può usufruire dell'assistenza". Giuro che in quel momento ho incominciato davvero a pensare di essere vittima di uno dei primi sintomi dell'Alzheimer (non sto scherzando) ed ho incominciato a sudare freddo e a balbettare in modo davvero poco dignitoso "ma io non mento, io ho un contratto con voi, io ho la mia casella postale, io le giuro sono un vostro utente, perchè dovrei mentirle ? perchè ? Ecco, apetti, aspetti, ora le leggo il numero dell'ultima fattura, ho qui davanti a me il contratto, mi ascolti, per cortesia, mi ascolti".Il rimando è stato terribile: "Signore non insista, non posso stare più al telefono con lei, lei non è un nostro utente, e comunque per reclami telefoni al numero..."A quel punto i miei nervi cedono e le dico: "le passo la mia segretaria, lo dia a lei il numero io non sono più molto lucido". Passo il microfono alla mia eroica Susy, che ormai, credo, mi sopporta solo perché gli faccio pena, e appoggio la testa contro un armadio scoppiando a piangere senza alcuna dignità. Non so come, ne voglio saperlo la mia eroica segretaria dopo altre due o tre ore di telefonate è riuscita a contattare l'assistenza che mi richiamerà (se va bene) Lunedì prossimo ma, almeno, pare che la mia esistenza non sia stata messa in dubbio.In fondo basta poco per consolarsi.Cecco A.

Telefoni Cellulari e VOIP

Sembra finalmente arrivato il giorno del matrimonio tra i telefoni cellulari e la tecnologia VoIP. Ad annunciare il 'lieto evento' è la società norvegese IPdrum, fornitrice di soluzioni VoIP, che ha presentato un software per telefonini capace di sfruttare il servizio offerto da Skype. La nuova funzionalità permetterà l'accesso in rete attraverso un comune cellulare, consentendo così di effettuare e ricevere telefonate via Internet.
Con l'utilizzo della tecnologià VoIP si potranno quindi effettuare chiamate gratuite in tutto il mondo, sfruttando una funzionalità capace di connettere il tradizionale sistema di telefonia con quella di tipo P2P (peer-to-peer). Kjetil Mathisen, CEO di IPdrum, ha affermato: "Gli utenti Skype necessitano oggi di sedersi davanti ad un Pc o di acquistare speciali telefoni cordless, con un modesto raggio d'azione. Proprio queste limitazioni del servizio Skype rappresentano potenzialmente un mercato enorme per le soluzioni offerte da IPdrum".


Secondo Jerry Pettersson, fondatore di IPdrum, si tratta di un cambiamento radicale per la telefonia mobile, così come la si intende oggi, e ciò comporterà un inevitabile ritocco dei prezzi da parte dei gestori tradizionali. "Proprio come Skype - afferma ancora Pettersson - ha cambiato il concetto di linea telefonica (PSTN), così IPdrum Mobile Cable rivoluzionerà l'intero sistema delle comunicazioni".
Come sottolineato da IPdrum, il nuovo servizio non necessiterà di telefoni speciali, di aree ristrette tipo "Hotspots" e dipendenti dalla disponibilità del WiFi, ma fornirà una serie di funzionalità accessibili a tutti, in ogni momento. Per funzionare, IPdrum Mobile Cable necessita di un telefonino sempre connesso ad un Pc (con installata la piattaforma Skype), attraverso un comune cavo USB. Il cellulare collegato al computer funge poi da tramite con un secondo telefonino, quello che l'utente porta con sè. Questo "ponte radio" consentirà così di ricevere ed effettuare telefonate al costo della sola chiamata tra i cellulari.
Come evidenzia Kjetil Mathisen di IPdrum: "Esiste ancora un costo per le telefonate tra cellulari, ma la maggior parte degli operatori offre già tariffe scontate per le telefonate locali tra numeri selezionati". IPdrum Mobile Cable sarà disponibile dalla metà di agosto ad un prezzo variabile tra i 50 ed i 66 euro.

Beethoven in MP3 legalmente scaricabile gratis

Diritto d'autore e servizi gratuiti possono convivere anche senza il gioco dei sistemi anticopia.

La BBC sta offrendo gratuitamente sul proprio sito le sinfonie di Beethoven, in formato MP3 privo di protezioni. Le prime cinque sono state offerte nelle settimane scorse; le altre sinfonie verranno rese disponibili con lo stesso sistema dal 28 luglio prossimo. (Update : Poichè la BBC ha interrotto il servizio , allora provate questo link ... :-)
Ciascuna sinfonia viene messa sul sito per una sola settimana, per cui se la cosa vi interessa vi conviene segnarvi l'appuntamento (una volta scaricata la musica, potete usarla in eterno a scopo personale su qualsiasi dispositivo). Le sinfonie sono state eseguite dalla BBC Philharmonic, diretta da Gianandrea Noseda.
L'iniziativa fa parte di una sperimentazione più ampia avviata dalla BBC a maggio scorso, grazie alla quale molti programmi sono disponibili non soltanto in streaming, come fanno molte altre emittenti, compresa la RAI, ma addirittura in forma scaricabile e salvabile o come podcast: file che vengono scaricati sul computer e da lì trasferiti automaticamente (grazie all'apposito software) al vostro lettore MP3 portatile in modo che possiate ascoltarli quando e quanto vi fa comodo.
Considerato il baccano che fanno i discografici intorno al pericolo mortale rappresentato (dicono loro) dal download musicale, potreste chiedervi come può essere legale offrire Beethoven gratis. Certo, visto che lo fa un'istituzione come la BBC, sarà tutto in regola. Ma in che modo?
E' molto semplice. La musica di Beethoven è al di fuori del periodo di tutela del diritto d'autore (Ludwig è morto nel 1827). Per cui chiunque può suonare la sua musica senza pagare diritti. Questo, con buona pace dei discografici, non ha finora impedito a etichette come Deutsche Grammophon di fare un bel po' di soldini.
I soldini derivano dal fatto che restano i diritti d'autore sulle specifiche esecuzioni registrate della sua musica. Così, quando un'orchestra incide una sinfonia di Beethoven, la registrazione, ossia quella particolare interpretazione, è tutelata quasi come se fosse un'opera "nuova". Solo il titolare dei diritti su quella registrazione può distribuirla e venderla legalmente, anche se si tratta di una composizione sulla quale il copyright è scaduto.
E così la BBC ha pieno diritto di prendere un'orchestra e pagarla per farle suonare tutto Beethoven senza dovere nulla a terzi. Ha anche il diritto di regalare al mondo la registrazione (di cui è unica titolare), se così le va: è un'opzione spesso ignorata ma prevista dalle leggi sul diritto d'autore. Anche questo è un modo per promuovere la conservazione della cultura.
E' infatti interessante notare l'atteggiamento espresso dalla BBC con queste iniziative. La BBC è un ente finanziato esclusivamente dal canone, senza pubblicità, e non ha scopo di lucro. Il suo mandato non è fare soldi: è fare e diffondere cultura spendendo nel modo più efficiente i soldi del canone. Distribuire liberamente via Internet le proprie registrazioni di Beethoven in un formato universale come l'MP3 è semplicemente il modo più efficiente per diffondere la cultura della musica classica.
Qualcuno potrebbe obiettare che regalando le registrazioni delle sinfonie, la BBC sta affossando il mercato discografico e quindi va fermata. Ma la stessa obiezione si potrebbe fare per le biblioteche: permettendo a chiunque di scaricare -- pardon, leggere -- gratuitamente, come potranno mai sopravvivere gli editori?

mercoledì 15 giugno 2005

Phishing, nuovi attacchi ai clienti di banche italiane

Banca Intesa di nuovo nel mirino, accompagnata stavolta da Unicredit e Banca di Credito Cooperativo. Le precauzioni da adottare.

Si ripetono i tentativi di truffare gli utenti dei servizi via Internet di banche italiane. E' infatti in corso un massiccio spamming di messaggi che sembrano provenire da Banca Intesa, Banca di Credito Cooperativo e Unicredit e chiedono di cliccare sull'apposito link, incluso nel messaggio, per visitare la propria banca e aggiornare i propri dati.
Il link è falso, nonostante le apparenze: infatti non porta al vero sito della banca, ma a un suo clone. Lo scopo, come al solito, è rubare i codici di accesso dei correntisti; la difesa, come altrettanto solito (ma è sempre meglio ricordarlo) è non cliccare mai sui link presenti nei messaggi, se promettono di portare a siti che maneggiano denaro.
Nel caso della Banca di Credito Cooperativo, l'e-mail tenta l'utente con la promessa di 100 euro:
" Caro cliente, Banca di Credito Cooperativo vi rimborsa per la vostra fedelta con 100 Euro. Prima di usare questo importo, dovete seguire il collegamento e usare il vostro Codice utente e parola d`accesso. Un operatore si mettera in contacto con voi per confermare l'importo."
Il link fornito nel messaggio, apparentemente proveniente da service@relaxbanking.it (ma il mittente è falsificato), sembra portare al vero sito della BCC, ma in realtà porta a una pagina-trappola ora rimossa e resa innocua tramite un avviso che informa (in inglese) della tentata truffa.
Identico il meccanismo per Banca Intesa: c'è il solito mittente falso e vengono promessi ancora 100 euro a chi clicca sul link-trappola, che è già stato bloccato e reca il medesimo avviso antitruffa in inglese.
Per Unicredit, invece, il messaggio-esca è in inglese, ma ripete lo stesso meccanismo: chiede di verificare il proprio indirizzo di e-mail cliccando sul link fornito e immettendo i propri codici d'accesso. Il link è accuratamente mascherato con ben tre redirezioni tramite Google e una obfuscation finale, comunque rivelabile tramite gli strumenti appositi di Samspade.org come un sito russo (http://huxvu0r.da.ru). Tuttavia il sito è stato bloccato e rediretto al vero sito di Unicredit: scelta piuttosto discutibile, dato che a questo punto l'utente che si è accorto della trappola è completamente confuso e non sa se è di fronte al sito vero o quello falso.
Lodevole la prontezza con la quale sono stati bloccati i siti-trappola; ma chiuso un sito, se ne riaprono altri, per cui la guardia deve restare sempre alta.
Quello che conta, visto che il fenomeno del phishing non sparirà certo molto presto, è non farsi prendere dalla paranoia. Non è il caso di smettere di usare i servizi bancari via Internet soltanto perché c'è chi tenta truffe grossolane e superficiali come il phishing. Va sottolineato, infatti, che nessuna delle banche coinvolte è stata violata da questi tentativi (al massimo è stato violata la sicurezza del singolo utente che ha incautamente abboccato).
Inoltre le precauzioni per eliminare questo problema sono banalissime: a parte un pizzico di buon senso per fiutare i sintomi del tranello, basta abituarsi a non cliccare sui link che sembrano portare a banche o altri siti che fanno muovere denaro. Quando volete visitare questi siti, digitate direttamente il loro indirizzo nel vostro browser (o memorizzatelo nei Preferiti).

martedì 7 giugno 2005

Arrivano i file Acrobat spioni

Nuove funzioni del software Adobe consentono di tracciare la lettura dei documenti PDF. Rischio privacy per privati e aziende
Non è bello vivere in un mondo dove qualcuno può sapere cosa stiamo leggendo. E' ancora meno bello non sapere di essere sorvegliati nelle proprie letture digitali, e non sapere neppure chi sia il sorvegliante. E' una sensazione sgradevole a prescindere dalla riservatezza o delicatezza di quello che leggiamo.
Eppure è proprio quello che consente di fare la nuova versione del programma di lettura Acrobat Reader 7. Ogni volta che aprite un documento PDF usando questo software, l'autore del documento può esserne silenziosamente informato.
Le implicazioni di privacy sono abbastanza evidenti a livello individuale (il fastidio di essere spiati); sono forse meno evidenti quelle aziendali. Sapere esattamente chi ha letto un certo documento aziendale riservato può essere estremamente utile anche per commettere reati.
Poniamo, infatti, che un dipendente voglia dare a un giornalista le prove di un crimine perpetrato dall'azienda e documentato in un file PDF, che però è sorvegliato. Il giornalista apre il documento e inconsapevolmente allerta i criminali. La riservatezza della talpa viene devastata immediatamente, con tutte le conseguenze del caso, e i responsabili del crimine sanno di essere stati scoperti e hanno tempo in abbondanza per far sparire le prove.
Il controverso servizio di monitoraggio è offerto dalla società Remote Approach. Come racconta LWN.net, per creare un documento sorvegliato basta genera un normale file PDF e inviarlo alla Remote Approach, che ve lo rispedisce dopo avervi inserito del codice di sorveglianza.
Fatto questo, ogni copia distribuita del documento avviserà Remote Approach quando viene letta, comunicando l'indirizzo IP del computer del lettore. Secondo la documentazione di Remote Approach, i dati acquisiti includono, oltre all'indirizzo IP dal quale si può determinare l'ubicazione geografica dell'utente e l'eventuale sua appartenenza ad organizzazioni o aziende, il tipo di dominio (suffissi com, net, eccetera), il tipo di browser, di sistema operativo, il provider e l'ora locale del lettore.
La funzione di sorveglianza opera usando la porta 80 con protocollo HTTP, per cui è piuttosto difficile bloccarla senza bloccare nel contempo la navigazione in Rete.
Per fortuna la funzione è attiva soltanto con il reader Acrobat 7.0; se il documento PDF viene aperto con altri reader, la "cimice" non viene risvegliata. Kpdf, Xpdf e anche il vecchio Reader 5.0 di Adobe, sotto Linux, non fanno la spia; lo stesso vale per l'Anteprima in Mac OS X.
Stando alle analisi di LWN.net, la "cimice" è basata su Javascript, che è attivo per default in Adobe Reader 7. Per disattivare la sorveglianza è quindi necessario sapere che esiste questo rischio e provvedere manualmente a disattivare Javascript nel Reader, oppure usare un reader alternativo. I più abili potranno bloccare il traffico diretto al sito di Remote Approach oppure impedire ad Adobe Reader di accedere a Internet. I più drastici, invece, potranno scollegarsi da Internet prima di aprire i documenti PDF.
E' chiaro che una tecnologia che consente di sapere quante persone leggono un documento e di accumulare dati statistici sui lettori è estremamente positiva e preziosa per esempio per gli editori di libri elettronici, ma implementarla senza informarne il lettore comporta il rischio di abusi. Abusi peraltro facilmente evitabili da parte di Adobe aggiungendo una semplice finestra di richiesta di consenso prima di attivare la "cimice".

Attenzione al Registro Italiano Internet

Una missiva sembra un modulo obbligatorio per la registrazione del proprio sito, ma è in realtà un'offerta pubblicitaria che può costarvi 858 euro.

Il logo sulla carta intestata somiglia molto, forse non a caso, a quello di Telecom Italia, e il nome ha un suono piuttosto ufficiale: Registro italiano in Internet per le imprese. Anche il tono della lettera è piuttosto perentorio: "Vi preghiamo di rinviare il modulo con i Vostri dati attuali... L'attualizzazione dei Vostri dati di base sarà eseguita anche se non passate alcun ordine".
Si tratta di una lettera che, a giudicare dalle numerose segnalazioni dei lettori, sta arrivando a molti intestatari di siti Web aziendali italiani, col risultato è che chi la legge poco attentamente rischia di scambiarla per un modulo di registrazione obbligatorio, quando in realtà è un'offerta di inserimento in un catalogo privato, niente affatto obbligatorio, che costa ben 858 euro l'anno.
La lettera è confezionata in modo decisamente ingannevole. Stando alle testimonianze delle ditte che l'hanno ricevuta, il "settore di appartenenza" indicato fra i dati del Registro riferiti alla ditta è infatti invariabilmente sbagliato, così si è indotti a mandare la rettifica via fax. Ma inviare il modulo via fax costituisce accettazione dell'offerta, per cui ci si ritrova inconsapevolmente ad aver accettato e firmato un contratto caro e salato.
La situazione è chiarita dal testo in fondo alla lettera, che specifica che si tratta di pagare un'inserzione in un registro "pubblicato in CD-ROM ed in Internet" da un'impresa tedesca, la DAD Deutscher Adressdienst GmbH di Amburgo.
Anche se non si può parlare di vera e propria truffa, perché ciò che si accetta firmando il modulo è specificato (sia pure in piccolo), la costruzione dell'offerta è chiaramente mirata ad ingannare sulla sua vera natura.
Conviene quindi valutare bene se è il caso di pagare 858 euro l'anno per apparire in un catalogo la cui efficacia comunicativa e reale distribuzione sono tutte da dimostrare. Infatti il sito della DAD contiene un catalogo di aziende davvero striminzito: per esempio, una sola ditta nel terziario per tutta l'Italia, e nessun dato in molte altre categorie.

update: 21/05/2008
Sembra inoltre che la DAD abbia effettuato campagne analoghe anche in altri paesi europei, come riportato da Stopecg, un sito che lotta contro le offerte ingannevoli.


update: 15/10/2008
Considerato che continuano ad arrivare segnalazioni su questa truffa , credo sia opportuno evidenziare che la società DAD è già stata condannata , in Italia , a 41.000 € di multa per pubblicità ingannevole : ecco la pagina del garante relativa a questo provvedimento .

Procedimento

PI4965 - REGISTRO ITALIANO IN INTERNET-DAD


Provvedimenti:

REGISTRO ITALIANO IN INTERNET-DAD - Provvedimento n. 14992 del 07/12/2005 - Sospensione
REGISTRO ITALIANO IN INTERNET-DAD - Provvedimento n. 16095 del 19/10/2006 - Chiusura istruttoria

Il problema è che le email arrivano dall'estero .... l'unica cosa da fare è cestinarle!

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