L'ostacolo maggiore era far finire queste chiavette nelle mani degli operatori della banca. Sono state seminate nei luoghi più frequentati, tipo accanto alla macchina del caffè o alla fotocopiatrice. Attraverso le telecamere interne, si sono controllati gli impiegati che raccoglievano l'oggetto, lo lasciavano distrattamente scivolare in tasca, e appena giunti in ufficio, lo inserivano nel PC per cogliere le "preziose informazioni" in esso contenute.
I dati riservati di questo istituto hanno cominciato da subito ad affluire nella mail dell'autore del trojan. Risultati: delle venti chiavette seminate, quindici sono state raccolte, e tutte sono state inserite nei PC aziendali, dei cui dati riservati hanno fatto man bassa.
La parte migliore dell'intero progetto è stata la sua convenienza. Poche righe di codice per fare il trojan, venti chiavette usate, e il gioco è fatto. Raramente un attacco informatico raggiunge questo tipo di successo.