Malachia prevede due soli altri papi, poi la fine del mondo
Un documento scoperto nel Cinquecento elenca i papi fino alla fine del mondo, e l'elenco è quasi esaurito
[05-04-2005]
Inevitabilmente, con la morte di Giovanni Paolo II i giornalisti si sono scatenati alla ricerca di materiale da pubblicare e di qualcosa da dire durante i giorni di diretta non-stop. Ma anche per una figura eccezionale come quella del Papa c'è un limite alla quantità di notizie davvero significative che si possono comunicare, e quindi prima o poi si scade nel pettegolezzo e nella diceria, e così saltano fuori puntualmente i profetologi papali di cui Intenet è piena.
Uno dei cavalli di battaglia di questi "esperti" di profezie e dei loro siti è San Malachia, monaco cistercense vissuto tra il 1094 e 1148, che avrebbe lasciato una profezia, rimasta sepolta negli Archivi Romani fino alla sua scoperta nel 1590, nella quale enumera i papi e ne prevede soltanto altri due dopo Papa Giovanni Paolo II. A quel punto, secondo la profezia, Roma verrà distrutta e secondo alcune interpretazioni avverrà la fine del mondo.
Ma andiamo a vedere cos'è in concreto la cosiddetta Profezia sui Papi. Elenca 112 pontefici, da Celestino II (contemporaneo di Malachia) fino alla fine del mondo, ma non ne fa nome e cognome: li indica mediante un breve motto in latino.
Il documento è considerato falso anche da molte fonti ecclesiastiche perché è molto dubbia l'autenticità della sua datazione. Il fatto che per quattrocento anni nessuno ne parli, compreso San Bernardo, che scrisse la Vita di San Malachia, è molto sospetto. Anche il fatto che l'elenco include degli antipapi sembrerebbe porre dubbi sull'autenticità del documento.
Un altro indizio a sfavore dell'autenticità è che i motti si adattano con precisione ai rispettivi papi fino al quindicesimo secolo, ma successivamente diventano "calzanti" soltanto con un notevole sforzo creativo. Questa drastica differenza di precisione potrebbe essere spiegata senza ricorrere a facoltà mistiche, ma ipotizzando più semplicemente che il documento sia stato scritto intorno al quindicesimo secolo, potendo quindi beneficiare della straordinaria chiaroveggenza tipica di chi scrive dopo che gli eventi "previsti" sono già avvenuti.
Per esempio, prendiamo alcuni dei primi della lista, tutti molto calzanti: Eugenio III è Ex magnitudine montis, ossia "dalla grandezza del monte", e questo papa era nato nel castello di Grammont e il suo cognome era Montemagno; Gregorio IX è Avis Ostiensis ("uccello di Ostia"), e questo papa fu cardinale di Ostia; Urbano IV è Hierusalem Campaniae ("Gerusalemme della Champagne") e nacque a Troyes, nella regione dello Champagne oltre a essere patriarca di Gerusalemme. Coincidenze impressionanti.
Anche andando avanti di un paio di secoli, troviamo per esempio Callisto III (1455-1458), identificato con precisione dal motto Bos pascens ("bue al pascolo"). E lo stemma di Alfonso Borgia recava un bue dorato che pascola.
In tempi più recenti, invece, le spiegazioni dei motti da parte dei profetologi diventano più "arrampicate": Giovanni XXIII ha il motto Pastor et Nauta ("pastore e marinaio"), spiegato con il fatto che "fu patriarca di Venezia e viaggiò molto". Paolo VI è Flos florum ("fiore dei fiori"), ed aveva tre gigli nel suo stemma.
Il caso più celebre della profezia di Malachia riguarda Giovanni Paolo I, il cui motto De medietate lunae ("della metà della luna"), sembra aver previsto in modo impressionante il suo brevissimo pontificato, che durò poco più di un mese lunare e iniziò e terminò quando la luna era visibile a metà. Tuttavia, considerato che la luna è al primo quarto o all'ultimo quarto due volte ogni mese, è abbastanza facile che in qualsiasi pontificato succeda qualcosa di significativo quando la luna è in queste fasi.
Il motto attribuito da San Malachia a Giovanni Paolo II, De labore solis ("della fatica del sole"), sarebbe un riferimento alla sua instancabile attività, o al fatto che abbia viaggiato intorno al mondo come il sole, ma potrebbe anche essere un riferimento alla sua nascita in un giorno in cui si verificò un'eclissi di sole (non visibile nel luogo di nascita).
Una prima parte dei motti, insomma, contiene indicazioni precise, spesso anche geografiche, e chiaramente attinenti a uno specifico papa. La parte successiva, invece, ricorre a espressioni vaghe e intercambiabili. Se volete approfondire il confronto, una lista completa e commentata dei motti è reperibile in Rete per esempio presso Misteromania.
Come controprova di questa vaghezza, provate a scambiare papi e rispettive profezie: troverete che in quelle recenti c'è sempre qualche "spiegazione" che consente di farle calzare. Questo è un fenomeno tipico delle profezie di qualsiasi origine, religiosa o meno: si prende una frase vaga, la si confronta con un gran numero di eventi e fatti come quelli che costituiscono la vita di una persona, e alla fine, magari scavando un po' e usando una buona dose d'inventiva, sicuramente qualche nesso lo si trova.
Per esempio, la Religio depopulata andrebbe benissimo anche per molti altri papi del ventesimo secolo, perché potrebbe indicare il diffondersi dell'ateismo o di altre religioni; tutti i papi sono pastor et nauta, ossia pastori (del proprio gregge) e marinai (conducono la nave della fede); qualunque papa avrà una fides intrepida, e ogni papa è un flos florum perché è un cardinale scelto dai cardinali (un fiore tra i fiori).
Questa intercambiabilità, tuttavia, vale molto più per i papi recenti che per quelli più antichi, e il confine fra profezie precise e profezie vaghe si trova guarda caso intorno alla data del ritrovamento del documento attribuito a San Malachia.
Comunque sia, San Malachia (o chi per lui) dice cose piuttosto inquietanti a proposito del nostro futuro, ed è per questo oggetto di molto interesse da parte degli appassionati di profezie di sventura e dei giornalisti in cerca di riempitivi. Dice che il papa successivo a Giovanni Paolo II avrà il motto Gloria olivae.
E' un motto talmente vago che sarebbe adattabile a chiunque: un papa italiano (terra delle olive), un papa non italiano (di carnagione olivastra), un papa che si adopera per la pace (l'ulivo è simbolo di pace), e così via. C'è anche un altro adattamento che calzerebbe perfettamente nel caso di elezione di uno specifico cardinale italiano, ma in questo momento particolare mi sembra troppo irriverente per citarlo qui.
Fin qui niente di drammatico, ma il gran finale della profezia è l'indicazione dell'ultimo papa, che invece di essere identificato da un motto è contraddistinto da un'intera frase latina secondo la quale "nella persecuzione estrema, il trono della Santa Romana Chiesa verrà occupato da Pietro il Romano, che pascerà il suo gregge fra molte sofferenze, finite le quali la città dei sette colli verrà distrutta e il tremendo giudice giudicherà il proprio popolo. Fine" (o Amen, a seconda delle versioni).
La fine del mondo (o perlomeno di Roma) sembrerebbe insomma piuttosto imminente. Ma niente panico: secondo alcune interpretazioni, in realtà la profezia di San Malachia non specifica che ci saranno soltanto altri due papi.
Infatti la profezia arriva al centoundicesimo papa, quello identificato come Gloria Olivae, e poi parla di un ultimo papa, non di un centododicesimo. Per cui, anche secondo la profezia, ci potrebbero essere altri papi fra il numero 111 e l'ultimo.
In ogni caso, insomma, la distruzione di Roma non sembra essere così prossima come potrebbe sembrare, e i profetologi avranno di che sfamarsi (e tediarci) ancora per molto tempo.
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