sabato 20 ottobre 2007

Il governo vuole imbavagliare la libertà d’espressione della Rete italiana

Il governo vuole imbavagliare la libertà d’espressione della Rete italiana: è questo il primo pensiero avuto dopo aver appreso che, il 12 ottobre, il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge che intenderebbe riformare l’editoria, inclusa quella del web.
Il disegno di legge ha sollevato il caos nel popolo di internet a causa di preoccupanti articoli che rivelerebbero l’effettiva intenzione di colpire coloro che esprimono la loro opinione per mezzo di blog o siti personali.
Riportiamo gli articoli sotto accusa (per una lettura integrale http://www.palazzochigi.it/Presidenza/DIE/doc/DDL_editoria_030807.pdf ):

Art. 5
(Esercizio dell’attività editoriale)
1. Per attività editoriale si intende ogni attività diretta alla realizzazione e distribuzione di prodotti editoriali, nonché alla relativa raccolta pubblicitaria. L’esercizio dell’attività editoriale può essere svolto anche in forma non imprenditoriale per finalità non lucrative.

Art. 6
(Registro degli operatori di comunicazione)
1. Ai fini della tutela della trasparenza, della concorrenza e del pluralismo nel settore editoriale, tutti i soggetti che esercitano l’attività editoriale sono tenuti all’iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione, di cui all’articolo 1, comma 6, lettera a), numero 5, della legge 31 luglio 1997 n. 249. Sono esclusi dall’obbligo della registrazione i soggetti che operano come punti finali di vendita dei prodotti editoriali.

Art. 7
(Attività editoriale su internet)
1. L’iscrizione al Registro degli operatori di comunicazione dei soggetti che svolgono attività editoriale su internet rileva anche ai fini dell’applicazione delle norme sulla responsabilità connessa ai reati a mezzo stampa.
2. Per le attività editoriali svolte su internet dai soggetti pubblici si considera responsabile colui che ha il compito di autorizzare la pubblicazione delle informazioni.

Art. 13
(Sanzioni e vigilanza)
1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque effettui indagini di rilevazione sulla lettura e diffusione di prodotti editoriali in violazione degli obblighi di correttezza e attendibilità indicati all’articolo 10, ovvero le effettui con modalità non trasparenti o discriminatorie, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 300.000.
2. La disposizione del precedente comma si applica anche nel caso di intenzionale pubblicazione e divulgazione di dati non veritieri, incompleti o inesatti relativi alla lettura e alla diffusione dei prodotti editoriali.

L’art.5 comprende nell’esercizio delle attività editoriali anche tutti quei prodotti realizzati non a scopo di lucro, né aventi alle spalle un’organizzazione imprenditoriale, quale potrebbe essere una casa editrice, e quindi include tutte le pubblicazioni che non fanno specificamente capo a parametri di informazione giornalistica: in poche parole, l’intero mondo dei blog e dei siti personali, attraverso i quali chiunque può esprimere la propria opinione su qualunque argomento.
L’art.6, inoltre, disporrebbe l’iscrizione di tutti coloro che scrivono in rete nel Registro degli operatori di comunicazione (ROC), al fine di poter applicare le norme relative alla diffusione di notizie ritenute non veritiere, incomplete o inesatte. Questo significa che, intendendo il blog come un prodotto editoriale, colui che lo scrive dovrebbe avere alle spalle una società editrice e un direttore responsabile iscritto all’albo, in grado di rispondere economicamente al reato di diffamazione a mezzo stampa (art.7).
E le pene, come potete leggere nell’art.13, vanno dai 10.000 ai 300.000 euro.
Se una legge del genere dovesse passare davvero, significherebbe la fine della libera rete italiana, la fine della libera espressione e informazione.

Riccardo Franco Levi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e ideatore di questo disegno di legge (sostenuto da Prodi), afferma che i piccoli blog non verrebbero toccati, anche se ammette che la distinzione tra attività editoriale pubblica ed attività editoriale privata non è semplice e, dunque, sarà l’Autorità per le comunicazioni ad indicare quali sono i siti/blog soggetti a questa norma.
Ciò significa che, non esistendo una distinzione scritta specifica, i blog colpiti potrebbero essere benissimo quelli di volta in volta più scomodi ai più, primo tra tutti il blog di Beppe Grillo, che ha rivelato la grande potenza comunicativa della Rete in occasione del V-Day.

Le reazioni da parte del popolo di internet non si sono fatte attendere: quattro sono al momento le raccolte firme per bloccare il disegno di legge (quella su http://www.petitiononline.com/noDDL/ ha superato le 4500 firme), tanti i commenti negativi e indignati, in molti forum sono nate discussioni accese sull’argomento. In tanti hanno l’impressione che l’Italia stia arretrando vertiginosamente in materia di libertà e democrazia e questo veto alla libera espressione fa ricordare a molti la censura di internet in Paesi come la Cina.
Dal mondo politico, però, sono arrivati le prime risposte e i primi “dietrofront”.
Antonio Di Pietro, dal suo blog, ammette di non aver letto il DDL prima di votarlo al Consiglio dei Ministri, ma di averlo fatto dopo e afferma: “Io faccio parte del Governo e mi prendo le mie responsabilità per non aver intercettato il disegno di legge, ma per quanto mi riguarda questa legge non passerà mai, anche a costo di mettere in discussione l’appoggio dell’Italia dei Valori al Governo”.
Anche Alfonso Pecoraro Scanio si impegna a modificare il DDL in sede parlamentare, mentre il Ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, dal suo blog, riconosce l’errore e garantisce la correzione delle parti critiche, denunciando per altro un’eccessiva vaghezza nella distinzione tra attività editoriale pubblica e privata.
(girlpower.it)

1 commento:

  1. Tassare i siti web e i blog sarebbe anticostituzionale, poichè la rete non è sotto la giurisdizione italiana, salvo forse che per i domini con .it.
    Guido

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